I Rom e la letteratura
I Rom e la letteratura sono stati da secoli un binomio che ha travalicato i confini dell’etnia, propagandosi in tutta Europa.
La grande produzione di poesia che accompagna il fiorire della letteratura romaní nella seconda metà del novecento e soprattutto negli ultimi trenta anni dimostra chiaramente che per i Rom, Sinti e Kalè la poesia è uno degli strumenti preferiti per comunicare.
Nonostante il progresso della scienza e della tecnologia questa etnia trasnazionale dimostra di prediligere il più antico e povero dei mezzi espressivi, ma certamente uno di quelli che lascia più spazio alla testimonianza, alla creatività, all’immaginazione.
L’uso scritto della lingua romaní, tramandato per dieci secoli e fino a pochi decenni fa solo oralmente, è l’espressione più sorprendente di questa volontà di identità.
Sono loro i pionieri della “terza via” ovvero l’altra possibilità di esistere senza dover essere nè assimilati, nè emarginati, ma soggetti attivi e liberi di esprimere le proprie specificità culturali in seno alle società ospitanti.
Trovare un proprio spazio è per gli zingari una sfida difficile ed insidiosissima giocata sulla propria pelle, una sfida che però può arrecare grandi vantaggi vista la grande opportunità di offrire il proprio patrimonio umano e culturale in un contesto multiculturale.
Alcuni tra i migliori artisti Rom, Sinti e Kalè che hanno preso parte alle cinque edizioni del Concorso Artistico Internazionale “Amico Rom”:
Kana aven le tære ta atærdeon paÒa o gorî le paiesko ando zæleno cîmpo thai ceri oce astardeolpe o traio.
(Luminita Mihai Cioaba)
Traduzione: Quando arriva una carovana romaní lì, sulla riva del fiume in un campo verde e in cielo la natura stessa diviene cosa viva.
Tor vast phandime, ke dikhav len sas umblavde anda kala sastripen, ©irikle dukhaqe, phakha ©hinde
(Sterna Weltz Zigler)
Traduzione: Le tue mani intrappolate le vedevo appese tra questi ferri, uccelli di pena, ali mozzate
O Òil akharel mi godæqe te del andre k-o mo vogi. Okote maladœvav sa so kamav;
(Nicolás Jimènez Gonzáles)
Traduzione: Il vento freddo mi invita a riflettere a guardare la mia anima, qui trovo tutto ciò che cerco
Kana le tære anzardeon thaj le grast han e ©ear le Òeiora pínrandea prasten anda le væÒea tiden kaÒt ande-l ghilea. (Luminita Mihai ¢ioabæ)
Traduzione: Quando le tende sono alzate e i cavalli pascolano liberamente i nudi piedi corrono tra gli alberi riuniti i Rom cantano nel sottobosco
È poesia viva, genuina, spontanea con una profonda considerazione dei valori umani: l’amore per la vita è grande nonostante le sofferenze e le incomprensioni.
È singolare il modo di “sentire” il mondo, la natura e l’umanità. Il mondo è minaccia e provoca tensioni, la natura significa per i poeti zingari essenzialmente sicurezza, mentre l’umanità è parte essenziale della vita a cui donare la propria cultura.
La trasnazionalità di questa raccolta lo dimostra.
Non è un caso, quindi, che la popolazione romaní sia trasnazionale e sia l’unica al mondo a non aver mai dichiarato guerra a nessun altro popolo, che non si sia mai affidato alle armi per rivendicare un territorio.
Nella foto: Musicisti romanì nell’impero russo (1865)
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