Il principe e la ranocchia

Il principe e la ranocchia (Italo Calvino)

C’era una volta un Re che aveva tre figli in età da prender moglie. Perché non sorgessero rivalità sulla scelta delle tre spose, disse:

– Tirate con la fionda più lontano che potete: dove cadrà la pietra là prenderete moglie.

I tre figli presero le fionde e tirarono. Il più grande tirò e la pietra arrivo sul tetto di un Forno ed egli ebbe la fornaia.

Il secondo tirò e la pietra arrivò alla casa di una tessitrice.

Al più piccino la pietra cascò in un fosso.

Appena tirato ognuno correva a portare l’anello alla fidanzata.

Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò che una rana.

Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate.

  • Ora – disse il Re – chi ha la sposa migliore erediterà il regno. Facciamo le prove – e diede a ognuno della canapa perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata dalle fidanzate, per vedere chi filava meglio.

I figli andarono delle fidanzate e si raccomandarono che filassero a puntino; e il più piccolo tutto mortificato, con quella canapa in mano, se ne andò sul ciglio del fosso e si mise a chiamare:

  • Rana, rana!
  • Chi mi chiama?
  • L’amor tuo che poco t’ama.
  • Se non m’ama , m’amerà quando bella mi vedrà.

E la rana salto fuori dall’acqua su una foglia. Il figlio del Re le diede la canapa e disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni.
Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla tessitrice a ritirare la canapa.

La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice – era il suo mestiere – l’aveva filata che pareva seta. E il più piccino? Andò al fosso:

  • Rana, rana!
  • Chi mi chiama?
  • L’amor tuo che poco t’ama.
  • Se non m’ama , m’amerà quando bella mi vedrà.

Saltò su una foglia e aveva in bocca una noce.
Lui si vergognava un po’ di andare dal padre con una noce mentre i fratelli avevano portato la canapa filata; ma si fecero coraggio e andò.

Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano.

Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela di ragno, e tira tira, spiega spiega, non finiva mai , e tutta la sala del trono ne era invasa.

“Ma questa tela non finisce mai!” disse il Re, e appena dette queste parole la tela finì.
Il padre, a quest’idea che una rana diventasse regina, non voleva rassegnarsi.

Erano nati tre cuccioli alla sua cagna da caccia preferita, e li diede ai tre figli: – Portateli alle vostre fidanzate e tornerete a prenderli tra un mese: chi l’avrà allevato meglio sarà regina.

Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso grande e grosso, perché il pane non gli era mancato; quella della tessitrice, tenuto più a stecchetto, era venuto un famelico mastino.

Il più piccino arrivò con una cassettina, il Re aperse la cassettina e ne uscì un barboncino infiocchettato, pettinato, profumato, che stava ritto sulle zampe di dietro e sapeva fare gli esercizi militari e far di conto.

E il Re disse: – Non c’è dubbio; sarà re mio figlio minore e la rana sarà regina.

Furono stabilite le nozze, tutti e tre i fratelli lo stesso giorno
.
I fratelli maggiori andarono a prendere le spose con carrozze infiorate tirate da quattro cavalli, e le spose salirono tutte cariche di piume e di gioielli.

Il più piccino andò al fosso, e la rana l’aspettava in una carrozza fatta d’una foglia di fico tirata da quattro lumache.

Presero ad andare: lui andava avanti, e le lumache lo seguivano tirando la foglia con la rana. Ogni tanto si fermava ad aspettare, e una volta si addormentò.

Quando si svegliò, gli s’era fermata davanti una carrozza d’oro, imbottita di velluto, con due cavalli bianchi e dentro c’era una ragazza bella come il sole con un abito verde smeraldo.

  • Chi siete? – disse il figlio minore.

  • Sono la rana – e siccome lui non ci voleva credere, la ragazza aperse uno scrigno dove c’era la foglia di fico, la pelle della rana e quattro gusci di lumaca.

  • Ero una Principessa trasformata in rana, solo se un figlio di Re acconsentiva a sposarmi senza sapere che ero bella avrei ripreso la forma umana.

Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano d’invidia disse che chi non era neanche capace di scegliere la moglie non meritava la Corona.

Re e regina diventarono il più piccino e la sua sposa.

Italo Calvino

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