L’Intelligenza Artificiale è davvero una minaccia?
Gli ultimi due decenni hanno visto la tecnologia andare avanti senza sosta, una tecnologia che ci permette di comunicare in modi senza precedenti, lavorare in modo più intelligente e da qualsiasi luogo, portare i nostri telefoni in tasca e tanto altro.
E forse l’intelligenza artificiale si è evoluta un pò troppo, a fianco di tutta la solito tecnologia che usiamo tutti i giorni, portando con sé l’urgente percezione del bisogno di considerare la minaccia che potrebbe comportare. Ma l’Intelligenza Artificiale è davvero una minaccia?
Bill Gates ha detto di essere fermamente convinto che l’I.A è un campo di minaccia, così come anche Stephen Hawking, uno dei più grandi pensatori del nostro tempo.
Ma non tutti sono d’accordo con loro.
Al vertice della discussione sul Web tenutasi a Dublino, chi ha partecipato ad una delle conferenze – avrà ascoltato la domanda posta ad uno dei conferenzieri (sfugge il nome adesso) con la quale e stato chiesto cosa pensasse della minaccia rappresentata dall’I.A, e la risposta fornita appare interessante.
Egli ha proposto la teoria secondo la quale la minaccia da I.A. è percepibile in ogni luogo della vita moderna.
In successione nella stessa conferenza, Blockbuster di Hollywood ha affermato che i robot sono una minaccia, che essi si leveranno a conquistare il mondo rendendosi meno dipendenti dalle umane esigenze.
La narrazione delle conseguenze descritta varia di poco e…
– OK, forse abbiamo avuto il piccolo robot carino in corto circuito (number five alive!), ma la maggior parte delle descrizioni sono state noiosamente simili.
I robot si leveranno e ci uccideranno.
Quindi non vi è nulla di certo, ma questo è quello che è stato detto alla cultura popolare.
E basa l’idea che l’I.A. è una minaccia esclusivamente sulla condizione umana.
Noi facciamo la guerra, prendiamo le cose utili e le usiamo fino a quando ci servono (si pensi all’ambiente), abbiamo raggiunto livelli tecnologici incomprensibili alla maggior parte delle persone. Ma siamo una razza violenta.
Siamo animali, e come ogni altro animale lottiamo per sopravvivere, e anche nel passato abbiamo combattuto per sottomettere tutto il nostro pianeta, la terra, e le creature che vivono su di essa, i mari, i paesi ed altri popoli …
Ma tutto questo non significa che solo perché ci raccontano così, che questo avverrà davvero.
Nessuno lo sa, nessuno può dirlo con certezza anche se molte persone ci diranno che accadrà, sulla base di modelli teorici naturalmente.
I.A. minaccia per l’umanità
Molte delle teorie che circondano l’aumento delle preoccupazioni per le macchine sono basate sull’idea della singolarità tecnologica, ovvero l’ipotesi che la tecnologia continui a progredire così rapidamente da provocare un effetto di instabilità, tanto che l’I.A. supererà la capacità intellettuale umana.
Molti ritengono che tutto ciò accadrà casualmente, ma causerà una catena di eventi che si verificano rapidamente determinando la fine del genere umano.
Il termine “singolarità tecnologica ” è stato pronunciato per la prima volta nel 1958 dal matematico Jon von Neumann.
E stato poi reso popolare dallo scrittore di fantascienza Venor Vinge che ha utilizzato tale termine e ha sostenuto che l’I.A. potrebbe essere la causa della singolarità.
In questo contesto, singolarità descrive un evento che si svolge nella storia umana e che determina la catena degli eventi.
Senza quella singolarità quella catena non esisterebbe.
Negli anni ’50, quando è iniziata la ricerca sulla I.A. l’idea era che sarebbe stata realizzata entro pochi decenni.
Gli scienziati hanno però sottovalutato la complessità del progetto che abbiamo visto riemergere negli anni ’70.
Gli anni ’80 hanno visto il Giappone ravvivare l’interesse per l’argomento con il suo progetto di computer quinta generazione, poi ancora fallito alla fine del decennio perchè il progetto non poteva mantenere la sua promessa.
Ciò ha portato ad un approccio più cauto con l’argomento, evitando affermazioni grandiose su come raggiungere la vera intelligenza artificiale in tempi relativamente brevi.
Ora, mentre molti ricercatori credono ancora nella possibilità che l’I.A. raggiungerà lo stesso livello di intelligenza umana, moltissimi altri rimangono scettici.
Affinché nei robot ci possa essere la possibilità di desiderare la morte del genere umano, sarebbe necessario che l’I.A. abbia una comprensione del mondo, e questo è qualcosa che non è stato ancora raggiunto.
Come sottolinea Rodney Brooks nel blog Rethink Robotics:
“Affinché ci sia un successo volitivo dell’I.A. ed in particolare un desiderio malevolo, sarebbe necessario che vi fosse una comprensione diretta del mondo, avrebbe bisogno di avere le mani abili ovvero strumenti che potrebbero manipolare le persone, non mancando di avere anche una profonda comprensione dei processi mentali degli esseri umani, al fine di superarli in astuzia.
Tutto ciò richiede innovazioni molto più difficile che un atterraggio di un veicolo alato su un ramo di un albero.
Bisognerebbe implementare nei robots il pensiero e l’esperienza e comunque necessiterebbe un duro lavoro da parte di migliaia di scienziati e ingegneri.
E, molto probabilmente, occorrerebbero secoli”.
Sono d’accordo – ancora una volta, sull’idea che non solo i progressi dell’I.A. devono correre avanti in modo significativo nei prossimi anni per poter pensare che i robot possano avere un approccio malevolo, ma anche che i robot non potranno imitare il comportamento degli esseri umani.
Noi siamo macchine complesse, e se non siamo ancora in grado di realizzare macchine tecnologiche che hanno una comprensione rudimentale del mondo che li circonda, come possiamo davvero credere che esse riusciranno rapidamente a capire noi, il resto del mondo e la violenza che ci contraddistingue?
Rodney continua citando un articolo di Stuart Armstrong e Kaj Sotala del Machine Intelligence Research Institute, che ha analizzato 95 previsioni fatte tra gli anni ’50 e il presente.
In questa analisi si evidenzia che non c’era alcuna differenza nelle previsioni fatte da esperti e non esperti, e che per tutti c’era la propensione per calcolare in un orizzonte temporale di 15-25 anni il momento in cui l’I.A. avrebbe uguagliato quella umana.
Ciò suggerisce che in realtà, non siamo molto più avanti di quanto lo fossimo quando si parla di I.A. strettamente legata all’essere umano.
Mentre lo scorso anno si è assistito ad un programma software che ha convinto il 33% dei giudici che fosse un umano, questo non vuol dire che il prossimo passo sia la guerra contro le macchine o addirittura che si trattasse di vera I.A.
Il programma è riuscito a convincere alcuni dei giudici che si trattava di un ragazzo di 13 anni di nome Eugene Goostman da Odessa, in Ucraina.
Il test Torino è una prova di come la capacità di un software possa mostrare un comportamento intelligente simile a quello di un essere umano e non di una macchina.
Il tasso per il superamento del test era del 30% ed il programma lo ha superato con un margine sottile, tuttavia è l’unica tecnologia che finora abbia superato la prova.
Il test Torino funziona utilizzando i canali di solo testo per comunicare con i giudici.
Tutti i partecipanti che si confrontano con il software o la macchina lo fanno separatamente.
Se un giudice non può dire che la macchina non sia umana, allora è considerata approvata, purché il totale dei giudici “ingannati” sia superiore al 30% Eugene (il software) è nato effettivamente intorno al 2001 ed è attualmente offline, probabilmente anche lui si starà aggiornando…
Quindi non credo che abbiamo qualcosa di cui preoccuparci in questo momento, anche se ci sono stati notevoli progressi nel campo.
L’I.A. non solo è in costruzione e non è la minaccia di qualcosa ancora da venire, grazie alla fantasia di romanzi di fantascienza e film, ma le prove finora hanno mostrato che siamo molto lontani dalla creazione di una vera I.A..
Ammettiamolo, nessuno vuole andare a vedere un film in cui i robot sono esseri teneri e completamente ragionevoli.
Così come è con la speculazione sulle ipotesi di vita in altri pianeti: noi preferiamo vedere noi stessi in ruoli di eroi conquistatori che sconfiggono i signori del male di altri universi e vediamo così anche l’Intelligenza Artificiale.
Robot amichevoli non fanno buoni incassi.
E purtroppo, la filmologia di Hollywood si perpetua con ogni sorta di persone che in realtà non conoscono circoli scientifici e tecnologici.
Non c’è alcuna prova reale che suggerisce che i robot alla fine ci uccideranno tutti. Solo nella nostra immaginazione dove ogni sorta di essere (umano o tecnologico) può ottenere la stessa cosa.
Quindi personalmente starò a guardare l’evolversi dell’I.A. con interesse e non vedo l’ora del giorno in cui potrò avere un robot cuoco che prepari la cena per me.
Rispondi