Vulcano Marsili

Vulcano Marsili

Il vulcano Marsili è stato scoperto negli anni venti del XX secolo e battezzato in onore dello scienziato italiano Luigi Ferdinando Marsili.

Il vulcano Marsili tuttavia è stato studiato soltanto a partire dal 2005.

Con i suoi 70 km di lunghezza e 30 km di larghezza (pari a 2100 chilometri quadrati di superficie) il Marsili rappresenta uno dei vulcani più estesi d’Europa.

Il monte si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno.

I fenomeni vulcanici sul monte Marsili sono tuttora attivi ed assieme al Magnaghi, al Vavilov e al Palinuro, il vulcano Marsili è inserito fra i vulcani sottomarini pericolosi del Mar Tirreno.

Nel febbraio 2010 la nave oceanografica Urania, del CNR, ha iniziato una campagna di studi sul vulcano Marsili sommerso e sono stati rilevati rischi di crolli potenzialmente pericolosi che testimoniano una notevole instabilità.

Una regione molto grande della sommità del Marsili risulta inoltre costituita da rocce di bassa densità, fortemente indebolite da fenomeni di alterazione idrotermale (caldo freddo), il che farebbe prevedere un evento di collasso di grandi dimensioni e con danni collaterali enormi per tutto il bacino del mediterraneo.

Il sismologo Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha dichiarato: «Il cedimento delle pareti muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un’onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi, ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione

Secondo gli ultimi risultati della modellazione al computer infatti, l’attività vulcanica di Marsili (con la distruzione di parte del vulcano) rischia potenzialmente di generare un enorme tsunami, e un’onda di 20-30 metri di altezza potrebbe colpire le coste della Calabria e della Sicilia.

Peggio ancora, ci sarà poco o nessun avvertimento di questa potenziale catastrofe.

E questo sta inducendo alcuni scienziati a lanciare l’allarme e insistere nell’utilizzare le ultime tecnologie per tracciare ciò che sta accadendo sotto le onde del Mediterraneo.

Nota: L’immagine in evidenza è stata prelevata dal sito http://www.pereplet.ru/

 

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Autore: Morpheus

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